“Non camminare dietro a me, potrei non condurti. Non camminarmi davanti, potrei non seguirti. Cammina soltanto accanto a me e sii mio amico”. Questa frase di Albert Camus, lo scrittore francese autore di libri come Lo straniero o La caduta, rende bene l'idea di un sentimento che a Lucca viene celebrato periodicamente da un club denominato, appunto, 'L'amicizia' e che prende il nome da Aldo Begliuomini uno dei suoi componenti e fondatori purtroppo scomparso alcuni anni fa. Il club non è una associazione, non ha cariche né, tantomeno, regole e si fonda sul senso di appartenenza e di amicizia dei suoi membri.
Così, come avviene ogni tanto anche spesso, Andrea Consorti, padre del collega e amico Cristiano, Raoul Marianetti, Stefano Fiori, Elia Cristofani, Mirko Tognetti, Federico Favali, Stefano Tessieri, Massimo Checchia, Roberto Landi, Antonio Tartori, Claudio Giorgetti, Giacomo Tai, Angelo Rossi, Roberto Da Porto, Carlo Moschini, Massimo Mariani, Sergio Cecchini e Gianfranco Rosi si sono ritrovati ieri sera al ristorante L'Anfiteatro sulla via Pesciatina a Lunata dove si mangia, è bene dirlo, molto bene ed è stata una piacevole sorpresa, per affrontare con il direttore (ir)responsabile della Gazzetta di Lucca il tema dell'informazione locale e non solo, giunte, per chi scrive e ormai da tempo, al tramonto.
Aldo Grandi ha raccontato più ancora che spiegato, attraverso aneddoti frutto della personale esperienza professionale, come è cambiato il mestiere di giornalista negli ultimi trenta anni, come sono diminuiti gli stipendi, aumentati i controlli e le pene, cresciuti gli ostacoli e i limiti, ridotte le gratificazioni al punto che i giovani di oggi restano sì, sempre attratti dal mito dell'inviato speciale di un tempo, ma non si rendono conto come, invece, certe figure non esistono assolutamente più. Anche in questa professione sono pochi quelli che riescono ad emergere anche economicamente mentre la massa è spesso costretta a sopravvivere nel precariato perpetuo.
Serata simpatica, curiosi i presenti, tante le domande ed è veramente istruttivo vedere come molti amici si riuniscono per stare insieme senza appartenere a lobbies di varia natura.
Il bilancio della serata è stato quello, sicuramente, di una professione, quella di giornalista, giunta ad un punto cruciale della propria esistenza secolare: la politica, mai e mal contrastata dai giornalisti stessi, è riuscita a mettere il bavaglio a chi aveva il compito e il dovere morale di criticarla. Oggi la paura delle conseguenze è molto superiore al coraggio di osare. Che cosa, quindi, si può fare per resistere e non cedere? Ai giovani l'ardua sentenza.
Foto Ciprian Gheorghita