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Scritto da Giampiero Della Nina
la rubrica che mancava
18 Giugno 2022

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È vero che se l'asino volasse, una volta atterrato, tornerebbe ad essere un asino forse più di prima, ma santiddio, almeno per un attimo questo bistrattato animale avrebbe provato l'ebbrezza di sentirsi stimato al pari di un cardellino o comunque degli animali più nobili. Invece, lavora (come un somaro, stavo per dire) e viene bastonato; mangia paglia e fieno e vive in una stalla. Il gatto che, invece, è un proverbiale vagabondo, gode dei bocconi più prelibati, vive in casa, al calduccio del focolare, e passa le sue giornate ronfando fra una carezza ed un complimento. È forse giustizia questa?

Qualcuno non soltanto ha realizzato che questa giustizia non è, ma è corso ai ripari ed ha voluto colmare il disagio dell'asino per farlo sentire almeno per un giorno all'anno, invidiato dagli altri animali ed al centro dell'attenzione dell'uomo.

Si prodigarono in questa opera così meritoria gli abitanti di Montramito e ad Empoli si continua ancora nel giorno del Corpus Domini. Non si conosce a chi attribuire il primato di questa usanza, ma encomiabile è tanto chi l'abbia introdotta, quanto chi l'abbia emulata. L'iniziativa sembrò a tutti un colpo di genio, tanto che si diceva:

Ben mostran gli Empolesi aver cervello,

Quanto conviensi ad ogni uom dabbene,

Che l'Asino mutar fanno in uccello.

"Al Castellare di Montramito - raccontava nel secolo scorso Idelfonso Nieri - costuma che la prima domenica di Maggio fanno volare l'asino. Piantano su in alto, sull'alto del colle un palo sodissimo e ci fermano un capo del canapo; l'altro capo lo fermano a un'ancora giù nella pianura. Lassù dal capo in alto c'è un bellissimo baldacchino indorato e infiorato. Imbracano poi convenientemente l'asino; lo gualdrappano di rosso, gli mettono due belle ali fiorite, e al momento opportuno gli danno l’aire di sotto il baldacchino giù per il canapo in mezzo al gran concorso dei paesi vicini e alle grida del popolo".

Lo vediamo: un asino con le ali d'oro o fiorite che si libra dall'alto per guadagnare terra in mezzo allo strepitar del popolo.

Alla tradizione era legato un vaticinio: se durante il volo l'asino ragliava, si poteva sperare in una buona annata e ciò dava la stura alla più incontenibile allegria che si manifestava con suoni, canti, balli, e bevute bibliche. In mancanza del raglio, la gente diventava mogia, triste e senza voglia di dire.

È immaginabile che l'asino ragliasse se non per soverchia allegrezza almeno per un sano terrore così che tutti potessero godersi in pieno la festa che ogni anno si ripeteva a Montramito, puntualmente nella prima domenica di maggio.

Ad Empoli, invece, l’asino volerà stasera, vigilia del Corpus Domini. Volerà e come da tradizione, gli verrà assegnato un nome come quello dell’empolese che si è affermato maggiormente nell’anno precedente.

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