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Scritto da Redazione
Cultura
13 Febbraio 2020

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Come ogni anno, dal 2004, il 10 febbraio si celebra il Giorno del ricordo, attraverso il quale l’Italia onora e ricorda la tragedia degli Italiani e delle vittime delle foibe nonché l’esodo dalle loro terre dei popoli istriani, dalmati e giuliani. Il 12 febbraio, nell’ambito delle iniziative relative al Giorno del Ricordo, il sig. Aligi Soldati, del Comitato Provinciale di Lucca dell’Associazione Nazionale Venezia-Giulia e Dalmazia, ha incontrato gli studenti di tutte le classi quinte dell’ISI Machiavelli nell’Aula Magna del Liceo Classico, per offrire la sua testimonianza diretta di quell’evento. Il racconto degli esuli, che solo dal 2004 hanno visto finalmente riconosciuto nel giorno del ricordo quel momento storico come uno dei più bui della nostra storia a partire dalla fine della guerra e per il decennio successivo, si è sdipanato come un filo ininterrotto di ricordi di voci, di odori, di immagini perdute di un mondo che non è più, cancellato dalla vergogna delle foibe, dalla crudeltà dell’esilio forzato di centinaia di migliaia di italiani da quella che era la loro casa, la loro patria. Da allora altri volti, altre abitudini e consuetudini hanno abitato quelle case, popolato quelle strade in cui tanti esuli, come il signor Aligi, non amano tornare perché la sofferenza della perdita genera ancora un dolore che non può essere messo da parte, tantomeno dimenticato. Il dramma degli esuli rivive nella voce commossa, ma allo stesso tempo forte, chiara e lucida del signor Aligi, davanti ad un pubblico di studenti attentissimi che sentono tutta l’autenticità di una testimonianza vissuta, capace di evocare attraverso la narrazione viva di quegli eventi un passato che per troppo tempo è stato negato e colpevolmente obliato.  Si materializzano attraverso le sue parole le immagini dei bombardamenti notturni di Pola, illuminata “a giorno” dalle bombe che cadevano senza sosta, l’odore umido dei rifugi sotterranei in cui si stipavano per giorni soprattutto i bambini, mentre i genitori dovevano lasciarli per recarsi comunque al lavoro, squarci di vita distorta e soffocata, che cerca nonostante tutto un filo di normalità; oppure i momenti dolorosi del distacco dalle proprie cose, dai volti e dai luoghi familiari, da tutto ciò che si conosce, nel momento in cui, per non morire, si è costretti a “scegliere” l’esodo; e poi, l’arrivo nei campi profughi in Italia, dove la vita nella sua quotidianità si svolge tra disagi e difficoltà, in spazi angusti, in cui intere famiglie si trovavano stipate e costrette a convivenze forzate, in cui il diritto al privato, all’intimità dell’individuo si rende impossibile.

E le foibe. Il racconto di chi è stato testimone dell’orrore, con gli occhi terrorizzati di bambino,  di chi ha conosciuto, per aver vissuto sulla propria pelle, per aver visto sul corpo dei propri cari martoriato dalle torture, negli occhi di chi è stato annientato nell’anima, l’insensata crudeltà delle foibe, degli stupri, delle razzie, della pulizia etnica. Un racconto lucido, documentato, che dà conto dei numeri, che sono persone, dei luoghi, i campi profughi e le città in cui furono smistati gli esuli, che sono lo spazio di vite che devono ricominciare a ricostruire se stesse.

Grazie, allora, signor Aligi, per averci ricordato l’insensatezza della guerra, la crudeltà cieca di cui si macchiano tutti coloro che vi prendono parte, nessuno escluso; per averci fatto rivivere attraverso le sue parole episodi a lungo dimenticati o negati, come i terribili bombardamenti di Zara e Pola, i massacri nelle foibe di tutti coloro che si opponevano al regime di Tito o erano colpevoli di essere semplicemente italiani. Grazie per averci ricordato di non dimenticare .

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