Politica
La violenza… rivoluzionaria
"La guerra, ovvero la violenza rivoluzionaria, è la levatrice della Storia, la chiave di volta per determinare radicali cambiamenti politici economici e sociali". Così argomentava Karl Marx

Geal/Gaia risvolti economici
La vicenda GEAL potrebbe trovare posto nelle grandi narrazioni omeriche: inizia anni fa e forse è lontana dal concludersi. Geal distribuisce ”l’oro blu”, l’acqua che scende dalla Garfagnana ed entra nelle mura della città: obiettiva ricchezza del territorio, pregiata oggi, ambita in futuro

Mille giorni di amministrazione Pardini, il centrosinistra la stronca: "Il nullla più assoluto"
"Mille giorni di Pnrr, più lucine: questo dovrebbe essere il bilancio del sindaco Mario Pardini, dato che la sua amministrazione si è contraddistinta per il nulla più totale".

Il caso del gabbiano maltrattato a Lucca arriva in Parlamento: Michela Brambilla chiede l’applicazione della massima pena consentita
"Con la Legge Brambilla finisce l'impunità per chi uccide e maltratta gli animali, anche quelli selvatici". Lo ricorda l'on. Michela Vittoria Brambilla, presidente dell'Intergruppo parlamentare per…

Salanetti, l'opposizione di Porcari: "Bene il preavviso di diniego all'impianto, ma è presto per cantare vittoria"
“L’ottima notizia, che la Conferenza dei Servizi di ieri 18 giugno si sia conclusa con la decisione di inviare a RetiAmbiente il preavviso di diniego dell’istanza di autorizzazione dell’Impianto dei…

Futuro di Geal, il gruppo Salviamo la nostra acqua: "Sindaco, avanti tutta con la nostra battaglia"
“È notizia di questi giorni che l’Autorità idrica toscana ha di nuovo respinto la richiesta del Comune di Lucca di proseguire nella gestione autonoma della propria acqua, cosa…

Attacco agli Ayatollah
Quando Israele avviò la resa dei conti con Hamas si son profilati i prodromi dell’attuale attacco che ha il dichiarato fine di far cadere il regime teocratico di Teheran, privando di sostegno Hamas e Ezbollah

Presunto scontro sulla Lucchese fra Barsanti e un ristoratore, la richiesta di rettifica del legale dell’assessore
A seguito dell''artiicolo pubblicato oggi - mercoledì 18 giugno - dal nostro giornale e riguardante un presunto scontro via social fra l'assessore del Comune di Lucca Fabio Barsanti e un…

Un video per raccontare mille giorni di amministrazione Pardini
"Ci siamo chiesti quale fosse la maniera migliore per raccontare l'impegno ed il lavoro di quasi tre anni di mandato caratterizzati da un entusiasmo…

Salanetti, la Regione frena il progetto per l'impianto di smaltimento dei pannolini: Porcari esulta
Dopo oltre un anno e mezzo di approfondimenti, richieste di chiarimenti, confronti tecnici e variazioni in corsa al progetto richiesti dal Comune di Porcari, Asl e…

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Eravamo nel “mio” ufficio e Giovanni, aveva appena firmato l'accettazione della nomina ad Assessore. Alza appena la testa, quanto basta per guardarmi bene negli occhi. E con lo sguardo tranquillo ma fermo prosegue, diretto: “E ora che delega mi dai?”
Senza esitazioni, gli porgo il foglio che io non avevo ancora firmato: “Ti do le Finanze, i Tributi e il Patrimonio e si comincia a collaborare” La risposta è fulminea: scaraventa il foglio e la penna sul tavolo: “Non sono settori adatti a me” e si alza. E' vicino alla porta e gli chiedo: “Che fai, vai via?”
Era presente Piero Andreucci, l'amico leale e compagno di lungo corso di un impegno politico condiviso e il colloquio riprende: “Non voglio un un incarico tecnico, il personale degli Uffici Finanziari è preparato ed esperto e, in più, gli abbiamo affiancato consulenze professionali più che adeguate.
Conoscevo Giovanni Pierami, da più di dieci anni e capivo la sua reazione, a dir la verità me l'aspettavo. In seguito gli affidai I Paesi, le Politiche Ambientali con il Parco Fluviale e la “Magistratura delle acque” e altro.
Pur non frequentandoci assiduamente, sapevamo di avere molte cose in comune. Giovanni non ha mai rinunciato all'impegno per una politica nel solco della tradizione del Popolarismo Cattolico-Liberale, dalla parte del popolo con una grande attenzione alle situazioni di emarginazione e di povertà.
Riferimenti alti che Giovanni non ha mai accolto come un'ideologia, ma li sapeva riconoscere e trasferire anche nelle scelte apparentemente più lontane e marginali. Anche la volontà di restituire dignità alle sepolture per inumazione, abbandonata dalle amministrazioni successive, rispondeva alle nostre convinzioni condivise
La sua dedizione per i Paesi era radicata nella convinzione della dignità assoluta di ogni persona e ogni comunità, anche la più piccola. Grazie al suo impegno fu possibile dare spessore culturale e sociale al recupero dei cimiteri di gran parte delle settantadue frazioni del comune. Depositari di una parte rilevante della memoria collettiva delle comunità, attorno ai cimiteri si formarono così, o rinacquero, associazioni e confraternite che si facevano responsabilmente carico dell'apertura e della cura di molte strutture prima semi abbandonate.
Anche da Assessore alle Finanze confermò le aspettative. Come era solito fare, era sempre aggiornato e “sul pezzo”, le sue relazioni al Consiglio Comunale erano estranee dalla presunta asetticità tipica di chi confonde la neutralità con la mancanza di consapevolezza.
Giovanni era una persona attenta alle relazioni ma non si faceva dominare dalle alchimie.
Era un politico deciso, se necessario anche duro, non cercava lo scontro ma neppure lo evitava ad ogni costo.
Da ultimo abbiamo fatto l'esperienza concreta della nostra condivisione dei valori fondamentali.
Come me, Giovanni si era formato ad un ferma distanza dal comunismo, ma anche lui era, non ideologicamente ma fermamente, antifascista. Era approdato dopo di me al Polo delle Libertà, ma anche per lui era stata essenziale la scelta di Fini a Fiuggi, all'ultimo congresso del MSI, quando nacque Alleanza Nazionale. Ed è per questo che ci siamo ritrovati dalla stessa parte in occasione delle ultime elezioni. Senza pregiudizi su possibili evoluzioni, ma fermi nelle scelte.
Con Giovanni mi sono sentito amico e – non fraintendano gli amici – compagno.
Compagno, cum panem, perché abbiamo condiviso beni essenziali.
A Dio Giovanni e a rivederci.
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Dall’ultima volta che il simbolo della Democrazia Cristiana è comparso su una scheda elettorale sono trascorsi poco più di trent'anni. Parlo del simbolo dello scudocrociato non di un surrogato oppure di una parziale imitazione con annesso richiamo alla denominazione del vecchio partito, che per oltre quarant'anni, ha partecipato al governo del Belpaese.
Dopo lo scioglimento della Dc, a seguito della rivoluzione copernicana innescata da Tangentopoli, sono stati numerosi gli schieramenti che ne hanno rivendicato l’eredità politica ed ideale, e molti anche quelli che, a colpi di sentenze, hanno rivendicato l’esclusività di poterne utilizzare il "marchio" con, al centro, la scritta "Libertas".
Tentativi di rianimazione inutili, abortiti prima ancora di nascere. Nel suo violento cupio dissolvi, la Balena Bianca è andata incontro a numerose scissioni. La prima ebbe luogo nella cosiddetta seconda repubblica e con l’entrata in vigore della legge elettorale maggioritaria, il Matterellum, allorquando, fallito il tentativo di mettere in campo un terzo polo di centro, si dovette scegliere tra le coalizioni di centrodestra e di centrosinistra. Infatti la scelta di un'aggregazione centrista antagonista, con il partito popolare di Mario Segni e Mino Martinazzoli, pur raccogliendo circa il venti percento dei voti, non riuscì a conquistare che pochi seggi nel gioco dei collegi elettorali. In ogni caso, proprio in virtù di quella scissione, nel centrodestra confluirono i centristi di Casini e Mastella, Buttiglione, Rotondi, nel centrosinistra quelli di Prodi Bindi, Franceschini, Castagnetti, quasi a voler dividere due diversi mondi, che pure erano convissuti nel vecchio partito, ossia cattolici liberali e cattolici democratici.
I primi avevano nel loro pantheon Alcide De Gasperi e Luigi Sturzo, i secondi Giuseppe Dossetti ed Aldo Moro. Una folta passerella di ex democristiani ritornò, in tal modo, al governo militando in piccoli cespugli che costituivano il valore aggiunto delle due coalizioni di riferimento. Passò così, dalla prima alla seconda repubblica, un intero branco di “balenotteri” che, più che ereditare il pensiero democristiano, ereditò lo scranno parlamentare e qualche aliquota di potere. Tuttavia il tempo avrebbe confermato che quella classe dirigente, per esperienza e conoscenza, si distingueva per merito dal mucchio dei parvenu che si cimentavano nella seconda repubblica. Insomma chi aveva militato nella scuola dei veri partiti politici aveva una marcia in più e guardava ben oltre quel poco che scrutavano e comprendevano i neofiti. La storia recente è nota per riepilogarla ai lettori: di tutta quella classe politica democristiana rimane ben poco, ancorché ogni tanto qualcuno dei sopravvissuti riediti il progetto di risuscitare e riproporre la vecchia Dc.
Un'operazione che non è mai riuscita se non per i calcoli e gli scopi di chi, entro queste micro formazioni, si garantisce un posto sicuro in lista. Più volte ho sollecitato vari ed autorevoli amici a dare un taglio a questo ormai logoro espediente, per rispetto ad una storia gloriosa che non poteva continuamente essere riesumata per meri calcoli personali ed elettorali. Più volte ho chiesto di consegnare il simbolo dello scudocrociato all’istituto della Fondazione Luigi Sturzo e di farla finita, una volta e per tutte, con le contese giudiziarie tra fazioni che avevano la dimensione prossima alla divisione dell’atomo e lo spazio di una cabina telefonica per poter celebrare un congresso!!
Un partito politico come la Dc può rinascere solo dal rilancio dei valori fondativi, dal favorevole contesto politico nazionale ed internazionale, dalla necessità di rilanciare la dottrina sociale della chiesa, dalla scelta di tutelare i principii del cattolicesimo in politica in un'epoca nelle quale si stanno trasfigurando sia l’etica pubblica che la morale personale. Insomma, per rifare la Libertas bisognerebbe trovare il coraggio di non affidare la difesa di quei valori al primo “unto del Signore” che li assume come propri, incartandoli nel qualunquismo e nell’opportunismo, come è riuscito, in ultimo nel tempo, al generale Vannacci ed ai suoi dante causa della Lega. Ora all’orizzonte, secondo indiscrezioni di stampa, pare che questa operazione di rilancio vogliano tentarla Mara Carfagna e Maria Elena Boschi, orfane di Silvio Berlusconi e Matteo Renzi.
Non credo di conoscere il portato culturale delle nostre due protagoniste della recente stagione politica né vi scorgo somiglianze con gente del calibro di Tina Anselmi, Maria Pia Garavaglia, Vittoria Titomallio, Silvia Costa, Rosi Bindi e Rosa Russo Iervolino. Sarò forse uno datato ed anacronistico ma è forte la sensazione che stiamo per assistere ad un nuovo artificio elettorale, un espediente per rimanere a galla con il partito di...lorsignore.