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Aborto e omofobia, la corte costituzionale fa chiarezza
Quando, in Italia, fu introdotta la Legge 194 del 1978, legge che garantiva e disciplinava l’aborto, non è che si introdusse, nel nostro paese, la pratica dell’aborto; in Italia si abortiva anche prima, solo che lo si faceva clandestinamente e con un elevato rischio per la salute e la vita delle donne

Criptovalute e Italia: una nuova architettura per l’economia nazionale
Parlare oggi dell’impatto delle criptovalute sull’economia italiana significa affrontare una trasformazione che è già in corso. Non è più solo questione di finanza alternativa o di…

L’auto come stile di vita: perché per molti italiani la macchina è una questione di look
In Italia, lo stile è un culto. Dalla moda all’arredamento, dal design alla cucina — tutto parla di bellezza. Non sorprende quindi che anche l’automobile, per tanti italiani,…

Case smart, bollette leggere: come la domotica può tagliare i costi di luce e gas
La domotica sta rivoluzionando il modo in cui gestiamo l’energia nelle nostre abitazioni, permettendo di ridurre gli sprechi e ottimizzare i consumi. Grazie a dispositivi intelligenti e sistemi…

Appello di due sorelle a Eugenio Giani per la madre malata: "Presidente ci aiuti, siamo disperate"
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo documento inviatoci da due sorelle, lettrici del giornale, indirizzato al presidente della Regione Eugenio Giani

Il Tranquillo Boom dell'Imprenditoria Online a Lucca
Lucca, da tempo ammirata per il suo fascino medievale e il suo patrimonio culturale, ospita anche un movimento più silenzioso e contemporaneo. Questo movimento non è definito dal…

L’importanza delle transizioni rapide per i casino online
Il settore dei Casinò Online è uno di quelli in costante crescita, sia a livello di guadagno sia a livello di implementazione e di tecnologia. Ogni giorno milioni…

Festival regionali hanno ispirato promozioni speciali sulle piattaforme di casinò online
L’Italia è un mosaico di tradizioni locali che, di anno in anno, si rinnovano attraverso feste e celebrazioni cariche di storia e…

Un necrologio di emozioni per salutare la scomparsa di José “Pepe” Mujica, ex presidente dell'Uruguay
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo breve testo inviatoci da un lettore che non ha saputo trattenere le lacrime alla notizia della morte dell'ex presidente guerrigliero dell'Uruguay

Lucca per nomadi digitali: dove lavorare e cosa visitare
Lucca è una delle città italiane più affascinanti, conosciuta per le sue mura rinascimentali ben conservate e il suo centro storico ricco di storia. Negli ultimi anni, sta diventando sempre…

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Sentiamo spesso parlare di industria 4.0 e dei suoi obiettivi, soprattutto in ambito ecologico. Ma di cosa si tratta? L'Industria 4.0, grazie a un mix tecnologico di automazione, informazione, connessione e programmazione, porterà secondo gli esperti alla quarta rivoluzione industriale. Si tratta della diretta conseguenza della digitalizzazione in campo produttivo avvenuta ormai da anni. Un processo definito dagli analisti come "digital transformation". Questa nuova trasformazione porterà per la prima volta le aziende a confrontarsi con una duplice realtà: si dovranno gestire parimenti le risorse fisiche e quelle virtuali, considerandole come un unico sistema di produzione aziendale.
La sfida ecologica di Industry 4.0
La sfida più importante di Industry 4.0 riguarda l'ambiente. Quando parliamo di Industria 4.0 non sottolineiamo abbastanza l'enorme potenziale in termini di sostenibilità ambientale che la rivoluzione tecnologica porta con sé. La smart manifactury è la frontiera per un modello di produzione più lean, più interconnesso, più responsabile: le scelte che facciamo oggi possono migliorare la qualità della vita e incidere positivamente sugli ecosistemi territoriali.
Il dibattito sull'Industria 4.0 è spesso incentrato sull'influenza che il digitale sta esercitando sui modelli organizzativi e, più in generale, sul mercato del lavoro: è certamente un impatto consistente che ci sta costringendo a cambiare l'approccio ai problemi e a sperimentare nuove soluzioni.
Gli imballaggi ecologici
Nuove soluzioni, appunto, che riguardano qualsiasi settore dell'economia. Tra questi emergono gli imballaggi ecologici che permettono di spedire merce in qualsiasi angolo del mondo ma con basso impatto ambientale. Si tratta di un obbiettivo a cui già molte aziende stanno puntando come vediamo da questa pagina: https://it.pg.com/sviluppo-sostenibile/packaging-ecosostenibile/ .
La sostenibilità è una scelta, di medio-lungo termine, sicuramente impegnativa, ma anche sempre più strategica per qualsiasi azienda. Si tratta di un percorso fatto di piccoli e grandi traguardi raggiungibili grazie a investimenti in ricerca e sviluppo e grazie anche ad un particolare atteggiamento culturale.
Per raggiungere questo cruciale traguardo i costruttori di macchine confezionatrici hanno tra l'altro individuato alcune tecnologie come il virtual commissioning (il collaudo della macchina effettuato non sul mezzo fisico ma sul digital twin, il gemello digitale) che riduce i tempi di collaudo, l'evoluzione delle tecnologie IoT (Internet of Things), grazie alle quali le macchine potranno migliorarsi e aggiustarsi in autonomia, i robot e i cobot (robot collaborativi) mobili che consentono una produzione più flessibile, e la R&D (Research and Development) nel campo delle tecnologie innovative per il recupero e il riciclo degli imballi.
E anche per quanto riguarda il riciclo il settore del packaging segna un altro successo: i dati forniti dal Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi a cui aderiscono oltre 850mila imprese produttrici e utilizzatrici di imballaggi) infatti inseriscono il nostro Paese tra i più virtuosi in Europa, a ridosso della Germania, con oltre 9,2 milioni di tonnellate di rifiuti di imballaggi industriali avviati al riciclo, composti da materiali in acciaio, legno, alluminio, carta, plastica e vetro. Un traguardo significativo se si pensa che nel 1998 solo un imballaggio su 3 veniva recuperato, oggi sono 4 su 5 quelli che non finiscono in discarica e le cui materie prime vengono reimmesse nel ciclo produttivo.
Un'altra sfida strettamente connessa al packaging è quella relativa all'inquinamento causato dalla plastica stimata in più di 6,5 milioni di tonnellate all'anno. Ecco quindi l'importanza di utilizzare materiali ecosostenibili e riciclabili. Un materiale, per esempio, del tutto riciclabile è l'alluminio, oltre ad avere proprietà che lo rendono ideale per il packaging soprattutto alimentare. Grandi progressi nelle tecnologie di riciclaggio sono stati fatti anche con il PET (PoliEtilene Tereftalato). Un materiale usato principalmente nel settore alimentare che può essere riciclato e riutilizzato per altri contenitori di uso non alimentare oppure riportato allo stato di monomero per essere poi purificato e riutilizzato in ambito alimentare.
Anche la riduzione del peso e del volume del packaging, modificandone il design per un minore impatto sul trasporto, avrà ricadute molto positive sull'inquinamento ambientale.
In questo senso sono molto interessanti le novità in arrivo grazie alle tecnologie che riguardano proprio il design, la forma del packaging e la possibilità di ridurre il materiale risparmiando spazio. Ecco per esempio l'imballaggio commestibile: ispirandosi a una semplice mela, un team di ricercatori dell'Università di Harvard ha creato una tecnologia chiamata Wikicell che consente di creare imballaggi alimentari commestibili e che potrebbe archiviare per sempre la plastica. Ci sono poi gli imballaggi intelligenti: i ricercatori dell'Università del Connecticut, la Rutgers University, con il supporto di Kraft Foods hanno inventato una "lingua elettronica" che è in grado, grazie a speciali sensori, di fare cambiare colore alla confezione quando il cibo si deteriora.
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Riceviamo questa lunga lettera inviataci da un lettore che lancia una sorta di appello ai proprietari di fondi commerciali affinché riducano il canone mensile degli affitti così da agevolare la ripresa del commercio:
Caro direttore,
si ricorderà la metafora usata nei Promessi Sposi, dove quattro capponi portati da Renzo al dott.Azzeccagarbugli, sono così descritti dal Manzoni: "Lascio poi pensare al lettore, come dovessero stare in viaggio quelle povere bestie, così legate e tenute per le zampe, a capo all'in giù, nella mano d'un uomo il quale, agitato da tante passioni, accompagnava col gesto i pensieri che gli passavan a tumulto per la mente. Ora stendeva il braccio per collera, ora l'alzava per disperazione, ora lo dibatteva in aria, come per minaccia, e, in tutti i modi, dava loro di fiere scosse, e faceva balzare quelle quattro teste spenzolate; le quali intanto s'ingegnavano a beccarsi l'una con l'altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura". Ebbene tale metafora dovrebbe far osservare che quando ci troviamo in difficoltà, invece di essere solidali con chi si trova nella nostra stessa situzione, tendiamo a beccarci tra di noi. Sfuggendo alle nostre responsabilità e, come capponi legati e tenuti per le gambe, a considerarci in fin dei conti in miglior condizione del nostro prossimo. Niente di più attuale di ciò che accade in questi periodi di difficoltà della nostra città e della nostra società potrebbe essere così ben rappresentato. Difficoltà sanitaria ed economica.
Come Maslow ci insegna, la salute ed il benessere fisiologico sono alla base della piramide dei bisogni della vita di ogni individuo. Vita intesa come impianto di crescita e sviluppo sotto ogni tipo di aspetto della singola persona dove, senza salute, niente ha più senso. Dunque la pandemia che ci ha colpito ha evidentemente accompagnato alla ragionevolezza chi, fino ad oggi, poteva pensare di vivere "a prescindere" da tutto e da tutti. Restrizioni governative che in certi momenti, e oggi non meno di prima, ci fanno vivere in un rastrellamento sociale. Un restrellamento che sta andando oltre alla questione sanitaria, ovvero un rastrellamento che abbatte opportunità di ripresa e condizioni di sinergia sociale per sostenere una ripresa. Una ripartenza economica, la quale non è certo alla base della nostra piramide, ma per la quale bisogna sapersi attrezzare preventivamente. E l'attrezzatura non è ad oggi composta da strumenti, ovvero pacchetti di Stato o flussi di chissà quali analisi economiche. Oggi, stamani, tale attrezzatura per ripartire necessita prima di tutto di uno zaino personale in cui essere contenuta. Perché possiamo sperare in grandi strumenti di risanamento economico e di ripartenza ma intanto, qualcuno si perde per strada se ci limitiamo ad aspettare. E se è vero che lo Stato siamo Noi, allora dobbiamo effettivamente dimostrarlo. Pretendendo da chi di dovere coerenza e trasparenza, magari direttamente dai ruoli che operano per nostro conto sul territorio e sul paese tutto. Ma un gesto che dimostra che siamo all'altezza, in molti casi migliori di alcuni vertici, sta a noi compierlo. Ognuno nel proprio ambito e nel quotidiano.
Un gesto che si può compiere ridando al territorio, fuori dal nostro pianerottolo, nella stessa via dove abitiamo, la forza economica per ripartire. Apprezzando concretamente ad esempio tante realtà di acquisto e servizio che prima di questa pandemia quasi guardavamo con indifferenza, talvolta con perplessità. Ma che in certi giorni della pandemia esse si sono rivelate invece vitali per il nostro quotidiano. Come la botteghina che ci forniva il necessario, quando grandi catene di distribuzione alimentare invece arrancavano per gestire l'ondata della pandemia. Piccoli esempi di attività locali che restando serrate e combattive hanno contribuito a farci stare sicuri nelle nostre case, nonostante l'obbligo di essere chiusi ognuno nelle proprie abitazioni. Ebbene quello è uno zaino che ha dimostrato di essere resistente. E in quello zaino di forza sociale, di gente comune, possiamo caricare allora strumenti importanti di ripresa. E se chi di dovere non riuscirà a fornire strumenti opportuni allora potremmo mostrare a qualsiasi contesto, anche europeo, che noi come italiani, il nostro, lo sappiamo fare ugualmente. Se qualcuno non è in grado di fare il suo dunque si faccia da parte.
Caro direttore, credo sia significativo evidenziare un ulteriore esempio di sforzo sociale positivo che in questi giorni sta prendendo piede. Molti commercianti e molte piccole attività iniziano a vedere il vivo della corrosione della crisi nella cassa della propria attività. E chiedendo aiuti di Stato adesso le stesse attività stanno pensando di mollare la presa e chiudere, vista la situazione critica su quel fronte. Una delle ultime opzioni disponibili prima di chiudere a cui hanno pensato i proprietari delle attività è però quella di chiedere un gesto di forza sociale da parte di chi, in fin dei conti, sta vivendo lo stesso loro sforzo di ripresa economica. Ovvero chiedendo ai proprietari degli immobili la sospensione degli affitti del fondo con cui il commerciante deve in qualche modo tenere aperta l'attività per fare un minimo di corrispettivo quotidiano. Questo è il mordente, è il flusso di forza, che se ottiene una risposta positiva, ed è fatto con il desiderio di aiutare il nostro territorio, ci porterà a dimostrare che noi, come italiani, il nostro lo facciamo ad ogni costo. Dunque accettare la richiesta di sospensione del canone di affitto da parte di attività, che in modo incontrovertibile dimostrano di non avere più risorse per procedere, è un atto sociale doveroso da parte del proprietario del fondo. Un dovere civico, soprattutto qualora un individuo si sia professato in passato di essere persona che ha a cuore il proprio contesto di vita, la propria storia e la comunità in cui vive. Togliendosi per un attimo da dosso appartenenze, colori, bandiere. Ma restando nudi con il proprio senso civico che, se esiste, deve essere mostrato. Evitando di beccarsi gli uni con gli altri come i capponi di Renzo.
Non mi permetto di salire in cattedra dando un monito ai proprietari immobiliari che per qualche ragione non vanno incontro a queste richieste di sospensione di affitto. Io per primo comprendo quanto sia difficile accettare una richiesta del genere, soprattutto per quei proprietari che non sono le solite "immobiliari", ma sono semplici e modeste realtà di singoli cittadini che per qualche motivo hanno un fondo da gestire. Che spesso è più un peso ed un onere. Tuttavia con la possibilità di evitarne il decadimento ma con la retta mensile di riscossione dell'affitto utile solo a far fronte alle innumerevoli tasse da pagare. So bene quanto sia di sacrificio per queste piccole realtà decidere di tagliare il proprio flusso di entrata che consente di bilanciare ogni spesa da proprietario. Ma la decisione è una soltanto. O si diventa uno strumento utile alla ripresa del territorio oppure ci voltiamo dall'altra parte ed aspettiamo, e speriamo, che il sistema economico possa ripartire. Magari prima che troppi si siano persi per strada con la propria attività. Io, nel mio piccolo, ho deciso fin dal primo mese della chiusura di tutte le attività di non ignorare la richiesta di aiuto che mi fece il mio affittuario. Motivandomi tale richiesta e dimostrandomi l'impossibilità di svolgere la sua attività, ad oggi non ho preteso nessuna mensilità da parte sua. In sofferenza, insieme a lui perché anche io non sono un imprenditore immobiliare che vivo di tali rendite, ci siamo accordati in un cammino di sostegno. Perché unire il reciproco sforzo può coltivare quella forza sociale per andare avanti insieme e, a prescindere dai palazzi di Stato, vivere come italiani veri e non come capponi.