Una delle caratteristiche peculiari e vincenti della tattica di Napoleone Bonaparte sui campi di battaglia fu la rapidità d’azione. Proprio per questo, nei suoi viaggi e spostamenti, utilizzava una carrozza accuratamente organizzata.
Le scuderie reali del castello di Versailles furono, dal 1600 al 1830, così famose in tutta Europa da contribuire alla grandezza e al prestigio della Francia. La capacità dei validissimi scudieri, unita a un’innovativa arte nell’addestramento, permise di raggiungere una perfetta sintonia e affiatamento tra cavallo e cavaliere. Anche Napoleone ebbe un rapporto speciale con i cavalli: ne possedeva molti, sia per uso personale sia per trainare le sue carrozze.
La carrozza dell’Imperatore, pratica, ricercata e sontuosa, con le porte contrassegnate dallo stemma imperiale, quando attraversava le città veniva preceduta da un primo gruppo di vetture di servizio, seguito da altre che trasportavano topografi, ufficiali e segretari. Ad ogni tappa prevista dal piano di marcia, i funzionari — ben prima dell’arrivo di Napoleone — installavano un gabinetto di lavoro provvisorio, per permettergli di mettersi subito all’opera senza perdere tempo prezioso.
Ciascuno di questi veicoli era scortato e protetto dai soldati di cavalleria, da uno scudiero e da ufficiali di ordinanza armati di fucili e pistole, pronti a proteggere i loro superiori. La carrozza di Napoleone si posizionava nel terzo convoglio della colonna, che comprendeva le carrozze del chirurgo, degli aiutanti di campo e dei valletti.
La berlina dell’Imperatore presentava all’interno alcuni cassetti estraibili, una piccola biblioteca e una scrivania, così che Napoleone avesse modo di scrivere e leggere come nel suo gabinetto privato. Poteva lavorare anche di notte, illuminato dalle quattro lanterne presenti all’interno della carrozza. Sotto i sedili si conservavano le bevande e, in caso di necessità, Napoleone poteva chiedere all’ufficiale che lo accompagnava di versare il suo vino preferito, lo Chambertin — che prediligeva tagliato con acqua — o altro di suo gradimento, servito, come si conviene a un Imperatore, in bicchieri di cristallo molato a punta di diamante, conservati all’interno di preziose custodie. Il vino Chambertin, servito in cristalli molati, non era solo un lusso. Era un’abitudine, un gesto, un segno di comando anche nel riposo
Per riposare, ai valletti dell’Imperatore bastava sollevare il letto riposto sotto i sedili e appoggiare il materasso coordinato per la brandina. Per conversare con gli ufficiali a cavallo che affiancavano il convoglio, a Napoleone bastava aprire i quattro grandi vetri della carrozza imperiale.
Una volta percorso il tragitto più lungo, Bonaparte si avvaleva, per l’ultimo tratto, di una berlina più leggera — ed anche più costosa — il landau, progettato da Jean Ernest Auguste Getting, fornitore ufficiale di Palazzo. Questa carrozza presentava la parte superiore completamente decappottabile, in modo che Napoleone potesse osservare lontano con un cannocchiale.
L’Imperatore, per i suoi spostamenti, preferiva partire alle prime ore dell’alba. Così fece anche il 12 giugno 1815, quando uscì dalla residenza dell’Eliseo accompagnato dal generale Henry Gatien Bertrand, conte dell’Impero. Fortemente legato a Napoleone, il generale Bertrand lo seguì in tutto il suo percorso militare: dalla campagna d’Egitto sino all’esilio, prima sull’Isola d’Elba e poi a Sant’Elena. Salito sulla sua berlina, Napoleone dette il segnale della partenza ai sei cavalli che la trainavano. Sul sedile anteriore sedeva il mammelucco Etienne Saint-Denis, conosciuto come Ali, pronto a proteggere l’Imperatore in caso di necessità. Secondo valet de chambre di Napoleone, Ali era giovane, riservato, colto, meticoloso, intelligente e appassionato di libri, tanto che Napoleone, a Sant’Elena, gli affidò l’incarico di copista e bibliotecario: un incarico prestigioso, se si considera che l’Imperatore dava enorme importanza alle sue ricche biblioteche. Dai Cento Giorni sino all’esilio a Sant’Elena, Ali fu sempre presente per aiutare il suo Imperatore, il quale lo ricompensò con affetto sincero, tanto da ricordarlo con un lascito nel testamento.
Quel mattino, il convoglio imperiale si dirigeva verso il Belgio dove, consumata la drammatica sconfitta di Waterloo, Napoleone fu costretto ad abbandonare la berlina e il landau per risalire a cavallo e raggiungere le carrozze del convoglio. La berlina, con i vetri a prova di proiettile, e il landau vennero saccheggiati dai prussiani come bottino di guerra, insieme a tutti gli effetti personali dell’Imperatore. Raggiunte anche le ultime carrozze del convoglio che formava il corteo imperiale, si appropriarono dei tesori nascosti. L’acerrimo nemico di Napoleone, il generale prussiano Gebhard Leberecht von Blücher — battuto in battaglia più volte da Bonaparte — riscattò sul campo di fango di Waterloo l’odio profondo provato verso l’Imperatore.
Inviata a Londra ed esposta al famoso museo delle cere di Madame Tussauds, la preziosa berlina venne distrutta durante l’incendio del 1925.
Il landau, dopo essere sopravvissuto anche alla disastrosa campagna di Russia, è oggi esposto al Museo Nazionale Castello di Malmaison, donato nel 1973 dagli eredi del generale Blücher.
La carrozza imperiale di Napoleone non fu solo un mezzo di trasporto, ma parte integrante della sua vita militare e personale. Con i suoi cassetti, le lanterne, i libri e i bicchieri di cristallo, racconta un modo di viaggiare che univa praticità e grandezza. Dopo Waterloo, l’Impero nato il 2 dicembre 1804 con la fastosa cerimonia dell’incoronazione era ricordo, nostalgia e memoria. La berlina venne distrutta, il landau sopravvisse. Ma entrambi, oggi, ci parlano ancora di un uomo che non lasciava nulla al caso, nemmeno il modo in cui affrontava la strada.
La berlina di Napoleone: tra lanterne, libri e battaglie
Scritto da Renata Frediani
passioni napoleoniche
03 Settembre 2025
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