Economia e lavoro
Sofidel perfeziona negli Usa l’acquisto degli asset Royal Paper
Sofidel, uno dei principali gruppi cartari mondiali per la produzione di carta per uso igienico e domestico, noto in particolare in Italia e in…

Franca Cecchini eletta nuova segretaria generale dello Spi Cgil Lucca
Franca Cecchini è la nuova Segretaria Generale dello Spi Cgil della provincia di Lucca. Il passaggio di consegne tra lei e il precedente Segretario, Roberto Cortopassi, è…

L’assemblea Cna ricorda Bruno Nelli. Consegnata una targa ricordo ai familiari dell’ex presidente
Nell’occasione della riunione degli iscritti, la Cna ha voluto consegnare una targa ricordo ai familiari di Bruno Nelli che ha guidato l’associazione dal 1997 al 2005, in un…

Cna Lucca, Sabrina Mattei eletta presidente provinciale
“Lavoreremo per creare alleanze fra diversi saperi, non c’è identità senza apertura, né futuro senza responsabilità. Il cambiamento non si amministra, si accompagna ed è necessario rendere accessibili…

Assemblea annuale Cna Lucca: il passaggio dal passato al futuro al centro del dibattito
Sarà il passaggio dei saperi dal passato al futuro il tema principale della assemblea annuale della Cna che certificherà, in parallelo all’argomento dell’evento, il cambio di testimone dall’attuale…

Imprese tra incertezze e nuove strategie: Lucca, Massa-Carrara e Pisa alla prova del 2025
Calo della domanda, caro energia e instabilità globale: le imprese affrontano un anno complesso. Segnali di reazione su efficienza gestionale, digitale, formazione e sostenibilità

Storia di Gabriele e Matteo, due ragazzi che hanno realizzato i propri sogni
Nel 2021 due ragazzi di Lucca, Gabriele e Matteo, decidono di lasciare un lavoro sicuro per aprire una loro società. Spinti dalla voglia di realizzarsi e, orgogliosamente fieri…

Teatro del Giglio, lavoratori sul piede di guerra: scattano tre giorni di sciopero
L’assemblea dei lavoratori e lavoratrici del Teatro del Giglio del 3 giugno scorso, ascoltata la relazione della Rsu su quanto emerso nell’ultimo incontro avuto con la direzione, ha…

Vertenza Valmet, il numero degli esuberi scende a 19: trattativa serrata fra azienda e Rsu
Si è svolto mercoledì mattina nella sede della Valmet Tissue Converging di Mugnano il secondo incontro legato alla richiesta di riduzione personale voluta dalla proprietà. La riunione fra…

Il Rapporto Economia della Camera di Commercio: dopo un 2024 contrastato, il 2025 si apre all'insegna della cautela
Si è tenuta oggi a Pisa, nell'auditorium "Rino…

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Se fino allo scorso anno aprire un’attività secondo un determinato codice ateco aveva una rilevanza più statistica che realistica, oggi questi codici sono l’incubo di ogni imprenditore che, con l’ansia giustificata di chi deve mandare avanti il proprio business, grande o piccolo che sia, ad ogni DPCM si ritrova a scorrere la lista nella speranza che al suo codice sia toccata la “sorte migliore”.
Un forte senso di impotenza, insoddisfazione e – diciamolo – di rabbia nei confronti di “piani alti incapaci di prendere delle decisioni che vadano realmente a beneficio delle attività più sofferenti”. A spiegare alla Gazzetta di Lucca le assurdità di certe scelte da loro giudicate insensate sono stati tre imprenditori del territorio che, dal punto di vista della loro impresa, hanno chiarito le difficoltà riguardanti i negozi di vendita al dettaglio: Piero Bertolani (presidente di Confcommercio Viareggio e titolare di 6 negozi di articoli sportivi e non), Federico Lanza (presidente federmoda di Confcommercio Lucca e titolare di sei punti vendita) e Matteo Pomini (presidente del Centro commerciale naturale del centro storico di Confcommercio Lucca e proprietario di sette negozi tra Lucca, Livorno, Pontedera, Prato, Firenze e Perugia).
“La modalità con cui si è deciso arbitrariamente di mantenere aperti o chiusi determinati esercizi commerciali – spiegano – è ingiusta e priva di un fondamento razionale per diversi motivi”. Innanzitutto c’è il già citato problema del codice ateco che non tiene conto di molte sfaccettature come il fatto che, con il passare degli anni, può accadere che una determinata attività, aperta con un certo codice, evolva e, ad esempio, oltre agli articoli sportivi venda anche vestiario o calzature per il tempo libero. Oppure può verificarsi la situazione in cui all’interno dello stesso codice rientrano più tipologie di attività molto differenti tra loro. Ma il problema – hanno sottolineato in coro – non è il codice in se stesso, quanto l’utilizzo fatto di questa codificazione nei vari DPCM. Alcune attività commerciali, infatti, in base a tale modalità, possono restare aperte e non hanno accesso ai ristori previsti dal governo: “scelte – sottolinea Bertolani – che non tengono di conto della realtà, ma di statistiche incapaci di fare il bene di noi imprenditori del settore. Infatti, restare aperti, per attività come negozi di articoli sportivi, è una grande rimessa. Siamo in zona rossa – spiega – e le persone difficilmente si muovono per venire a fare compere. Più facilmente acquistano online prediligendo, tra l’atro, canali web più convenienti e facendo la fortuna di questa tipologia di vendita. Il vero problema – conclude – è che il fatto di rientrare in un codice che può restare aperto, danneggia due volte l’attività che non solo vedrà un enorme calo del fatturato, ma che non potrà nemmeno accedere agli aiuti del Decreto Ristori”. La modalità più giusta, secondo l’imprenditore viareggino, sarebbe stata quella di tenere conto del calo del fatturato di ogni azienda facendo un controllo incrociato rispetto ai dati precedenti.
Punto di vista, quest’ultimo, condiviso anche dagli altri due impresari intervistarti: “la modalità con cui si è deciso quali attività lasciare aperte e quali chiudere e per quali esercizi commerciali prevedere un ristoro – spiega Lanza – è stata insensata e dettata dalla fretta di rimborsare facendo – come si dice – di tutta l’erba un fascio. La soluzione giusta, seppur più lunga nelle tempistiche, sarebbe stata quella di guardare alle reali variazioni di fatturato. Purtroppo – affonda – già la scelta della terminologia la dice lunga su come il governo ha voluto impostare le misure: era più giusto parlare di ‘indennizzi’ perché di quelli si parla in caso di una restituzione a fronte di un danno subito e non di ‘ristori’”.
Tra i negozi di vendita al dettaglio rimasti aperti ci sono, ad esempio, quelli che vendono biancheria personale, articoli per bambini e per lo sport, ma, come si intuisce dalle parole dei tre imprenditori, titolari di attività di questo tipo, restare aperti in zona rossa è controproducente perché dall’altra parte ci sono i cittadini che, dovendosi muovere solo per comprovate necessità, nella maggior parte dei casi scelgono di non farlo prediligendo l’online o non acquistando affatto. Un esempio è quello del codice ateco 47.71.30 che, come chiarisce Pomini, raccoglie sia i negozi di intimo che altre attività merceologiche come maglierie e camicerie: “abbiamo a che fare con una duplice ingiustizia. Da un lato ci sono i negozi di biancheria personale che, per decreto, possono stare aperti registrando un grave danno in termini di fatturato e non potendo accedere ai ristori stanziati dal governo. Dall’altra parte – e qui emerge la duplice iniquità – attività merceologiche di vendita di maglieria e camiceria sono doppiamente penalizzate perché, rientrando nello stesso codice ateco dell’intimo personale, sono anch’esse escluse dal Decreto Ristori.
Secondo Bertolani tutte queste problematiche fanno presumere che, nel prendere le decisioni, le categorie non siano state affatto interpellate e, dato che l’opzione più sensata (quella di elargire i ristori in base al calo di fatturato di un’attività) non è stata percorsa, in questo momento per molti negozi di vendita al dettaglio sarebbe più conveniente restare chiusi, lavorando tramite l’online e le consegne a domicilio (come accade per i bar e i ristoranti) e poter beneficiare dei ristori.
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A partire dal primo gennaio 2021 gli ambulanti titolari di un posto avranno diritto al rinnovo automatico della concessione ogni dodici anni. Si tratta di una possibilità prevista dalla legge regionale sul commercio richiesta fortemente dalle associazioni di categoria, fra cui la Cna di Lucca.
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“Questo provvedimento – ha detto Daniele Michelini, portavoce del settore commercio aree pubbliche della Cna - è notevolmente importante per le attività del settore. Ciò anche in considerazione del particolare periodo socio-economico che stiamo attraversando. Vedersi riconosciuto tale diritto, in un momento così precario per la categoria, significa dare stabilità ad un settore che da troppo tempo vede negati i propri diritti ed una stabilità professionale, che impedisce di fare i dovuti investimenti”.
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Per questo motivo la Cna ha scritto all’amministrazione comunale chiedendo una tempestiva applicazione della normativa.
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“Il rinnovo è escluso se il titolare – dice ancora Michelini - non risulti iscritto nel registro delle imprese quale impresa attiva per il commercio su aree pubbliche, salvo che l'inattività sia motivata da gravi e comprovate cause di impedimento all'esercizio dell'attività”.
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Ma la Cna presenta anche altre richieste, visto che la pandemia ha sollevato numerose problematiche per la categoria.
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“Sarebbe opportuno – continua Michelini - che il Comune di Lucca effettui una proroga al divieto di accesso al centro storico dei mezzi diesel 0, uno e due. Da fine anno, infatti, tali mezzi non potranno più avere accesso alla città. Capendo perfettamente lo spirito di tale norma, chiediamo comunque di introdurre una ulteriore proroga, dal momento che questo non è sicuramente il periodo migliore per investire in nuovi automezzi. Nello stesso spirito chiederemo a tutti i Comuni l’estensione della gratuità del suolo pubblico anche per i primo semestre del 2021”.