Politica
Elezioni regionali, il gran rifiuto di Valentina Mercanti: "Inaccettabile il listino con rappresentanti di una sola area politica"
Ho deciso di non ricandidarmi come consigliera regionale. È una scelta che faccio con dispiacere, ma anche…

La montagna partorisce il topolino: l’Altra Toscana di Del Ghingaro non si presenta alle regionali (e diventa un’associazione)
La Repubblica di Lucca aveva sollevato la questione la settimana scorsa. E Giorgio Del Ghingaro, sindaco di Viareggio, ha risposto pochi giorni dopo, sia pure indirettamente. Le…

Elezioni regionali, altro colpo di scena nel Pd: Valentina Mercanti fa un passo indietro e non si ricandida
Con l’ufficializzazione delle liste per le elezioni regionali da parte del Partito Democratico, cade un’altra testa eccellente. Dopo la decisione dei vertici del partito di non candidare l’ex…

Il Partito Democratico “tromba” Menesini: non sarà candidato alle regionali
Il Partito Democratico tromba – metaforicamente parlando – Luca Menesini, ex sindaco di Capannori. E non lo candida alle prossime elezioni regionali. La notizia, nell’aria già da diversi…

L'invincibile armada
Ho sempre ritenuto che la sinistra avesse una marcia in più sulla destra, ed era quella di essere in grado di rispettare le leggi nei suoi provvedimenti amministrativi, non ne parliamo della legislazione internazionale

Le baruffe toscane della Lega per Salvini premier
Grandi manovre alla vigilia della presentazione delle liste dei candidati alle elezioni regionali da qui a quasi 30 giorni. È un momento di scompiglio per tutti i partiti: un posto disponibile, dieci aspiranti. Ne accontenti uno ne scontenti nove. È fisiologico in politica, ma vale anche nelle competizioni extra politiche...

Massimiliano Baldini, l'ironia e la... vendetta di King George: "Il tramonto di un consigliere a caccia di poltrone"
Il comunicato diffuso da un consigliere regionale ripescato è la plastica rappresentazione dell’implosione della Lega a Viareggio

Borgo a Mozzano, Mercanti (Pd): "Bandiera della Palestina esposta dai cittadini è segno di speranza"
Il consigliere regionale e presidente dell'Assemblea del Pd toscano sulla bandiera srotolata dal Ponte del Diavolo: "Credere più nei ponti che nei muri è un bellissimo messaggio"

Roberto Vannacci torna al Bagno Biondetti e lancia un appello: "L'Italia prima agli italiani, poi a chi se la merita"
Due anni dopo la sua prima apparizione pubblica, Roberto Vannacci è tornato al Bagno Biondetti, lo stabilimento balneare della Versilia che segna simbolicamente l’inizio del suo percorso politico

Fratelli d'Italia, Tomasi e Donzelli incontrano i cittadini in vista delle elezioni regionali
Anche questo primo fine settimana di settembre sarà ricco di appuntamenti per il Coordinamento Provinciale di Fratelli d'Italia di Lucca, che in collaborazione con i coordinamenti comunali ed…

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Le risposte aggressive e minacciose della maggioranza di destra, a difesa del loro nuovo vicesindaco, l’auto proclamato "fascista del terzo millennio", oltre a confermare il predominio di Difendere Lucca - già CasaPound - sulla giunta, servono a coprire mancanze e insicurezze sempre più evidenti.
Cominciamo col dire che l’auto-narrazione sulla resurrezione dell’assessorato allo sport è fuorviante e largamente esagerata.
Da un lato, infatti, la quasi totalità di opere pubbliche inaugurate o in corso di realizzazione che Barsanti usa per legittimare questo genere di propaganda sono ereditate dalla precedente amministrazione che ha scelto di destinare i fondi PNRR e strutturali proprio all’edilizia sportiva. Vogliamo parlare della palestra Bacchettoni? Degli impianti sportivi dell’acquedotto? Della palestra di San Lorenzo a Vaccoli? Del campo sportivo di Santa Maria del Giudice? Delle strutture realizzate di Massa Pisana?
Alla luce di quello che si è visto sul piano amministrativo è chiaro che la carica di vicesindaco è usata dalla destra per la manutenzione dei propri equilibri politici - cosa peraltro rivendicata dagli stessi esponenti di centrodestra - più che per le effettive capacità.
Dopo Minniti, che si è distinto per non aver risolto nessun problema sulla sicurezza e per aver tagliato centinaia di migliaia di euro ai contributi in conto affitto, adesso tocca a Barsanti.
Non sono pochi i fallimenti, su cui ovviamente si tende a glissare, che ha collezionato in soli due anni.
In due anni Lucca ha perso l'unica squadra in serie A, il basket femminile. La piscina comunale è chiusa a tempo indefinito nonostante le promesse di riapertura.
Ha fatto meschinamente fallire il progetto di realizzazione di una piscina inclusiva, già pronto ed ereditato dall’amministrazione Tambellini. In cambio si sono lanciati su un futuribile nuovo Palazzetto che, forse, vedremo fra molti anni.
Il progetto sul nuovo stadio è fallito miseramente. E anche la squadra di calcio cittadina naviga in cattive acque anche se, visto che oggi l’assessore è lui, preferisce far finta di nulla.
Ogni mese leggiamo di campi da calcio chiusi o tolti a società calcistiche che consentivano ai giovani lucchesi di fare sport.
Come se non bastasse Barsanti ha inaugurato un approccio muscolare e minaccioso che ha portato molti conflitti con l'associazionismo sportivo, con il risultato di un peggioramento netto dell'offerta sportiva per le ragazze e i ragazzi.
Non pago, Barsanti ha subito minacciato provvedimenti legali con chi lo critica, anche se forse dovrebbe prima guardarsi in casa rispetto a dichiarazioni o articoli oggettivamente border line o diffamatori. Ma stia tranquillo: l'opposizione non si lascerà intimorire da questi toni.
Né dalla prevedibile e ormai consueta giustificazione legata a quanto fatto o non fatto nei 10 anni precedenti. Un’argomentazione, questa sì, davvero abusata e stucchevole. Siamo a metà mandato e se Barsanti o Pardini pensano davvero di continuare ad usare questo jolly - peraltro spesso in modo falso - per condire la loro propaganda siamo noi ad essere contenti.
Infatti, chiudersi nella torre d’avorio delle proprie certezze così come scambiare il fastidio di non piccoli settori della società per “risentimento dell’opposizione” è il miglior regalo che Pardini e Barsanti possono fare a chi lavora per un auspicabile cambiamento alle prossime elezioni.
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Non si può che plaudire ad un capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale Carmine Masiello, per aver ribadito un concetto che ai vecchi non appare nuovo, e rientrerebbe nell’ovvio, nel banale, se altro tipo di banalità non avesse allignato – mi correggo: alligna ancora sovrana – fra scranni della politica e nei salotti buoni della cultura radical chic. L’unica che ha diritto d’esprimersi.
Il generale ha detto, in sintesi, che l’Esercito si debba preparare a far la guerra.
Del resto Marina e Aereonautica Militari a quello si son sempre preparati, mentre l’Arma, seppur a volte con le mani legate per invadente buonismo, combatte la sua battaglia per garantire la sicurezza.
In effetti era solo l’Esercito che sembrava da qualcuno – o da troppi – destinato a intervenire in sostegno della Protezione Civile, che è carrozzone semi-efficiente (ovvero inefficiente), a raccogliere l’immondizia dove i Comuni non riuscivano a far lavorare dipendenti e ditte appaltatrici, a vigilare su metropolitane, piazze, sedi di partito, ville di politici, magistrati e persone “a rischio”.
Ci si è scordati che Armata del Duca di Savoia, Armata Sarda, Regio Esercito e Esercito Italiano da sempre si siano solo preparati per fare la guerra, almeno fino ai primi 40 anni dopo l’ultimo conflitto. Con fondi scarsi e mezzi spesso obsoleti, e la consapevolezza che sarebbe stata dura.
Come quando ad Alamein si attaccava con le “casse da morto” armate del 47/32 gli Sherman che pesavano il doppio, e colpivano più lontano e più potentemente.
Come in Russia, per andare al Don e tornare “a baita” a piedi, quando tutti andavano in gita sull’autobus.
Ma l’Esercito era visto come una grande fonte di mano d’opera a basso costo, in tempo di pace; era facile dire che l’Esercito s’era squagliato l’8 settembre e non meritava rispetto. Forse era complicato provare a studiare e capire che a quella maledetta data non c’era più quasi nulla da spendere per combattere, per l’improvvida gestione di un regime da operetta. Che ne aveva mandati troppi a morire o nei campi di concentramento per prigionieri di guerra e internati, e a rovinarsi una reputazione fatta di sacrifici.
Ad ogni modo, con le pezze al sedere, passandosi le giacche a vento da chi si congedava a chi veniva arruolato, nello stesso spirito del fante che preparava la bottiglia di benzina per far fuori il carro nemico, perché i contro-carro buoni non c’erano, l’Esercito s’era preparato a fare il suo durante la Guerra Fredda.
Ora generazioni di soldati – nelle missioni di mantenimento/imposizione della pace – hanno acquisito coscienza di quanto sia orrenda una guerra. Di certo non son cresciuti col sogno di retorica, sciabola sguainata e bandiera al vento. Sanno che la guerra è proprio l’ultima opzione, quella che la Carta Costituzionale consente quando proprio non c’è nulla da fare, in quanto la volontà di ripudiarla non è condivisa da chi ci attacca.
E del resto, così come “ripudia la guerra”, la Costituzione aggiunge che “la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”. Questo per i soliti costituzionalisti da tastiera che prendono per buone solo le indicazioni coerenti con una certa visione del mondo.
I soldati non vogliono fare la guerra, ma sanno che qualcuno potrebbe essere chiamato a farla. E non fanno il passo indietro.
Ad ogni modo, il “capo”, come vien definito nei corridoi di via XX settembre, nel dire un’ovvietà, ha sostenuto principio sacrosanto, dimostrando coraggio da vendere. Perché in Italia certe cose non si possono e non si devono dire.
Non a caso facciamo parte di quella limitatissima area delle terre emerse i cui Paesi non vogliono far guerra. Peccato che tutto il resto del mondo non sia d’accordo.
Ora c’è da attendere solo le dotte interpretazioni di Scanzi e del pool anti-Vannacci, per spiegare al dotto e inclito pubblico che, con ciò che sta succedendo nel mondo a breve distanza dalle nostre terre, non serva prepararsi a fare una guerra.
Chissà se potranno nutrire curiosità per lo studio di cosa accadde con la crociata dei pezzenti di “Pietro l’Eremita”, nel 1096 d.C., quando una folla semi-disarmata andò solo a concimare le terre che si voleva liberare dal giogo dell’Islam, e ad ingrossare la servitù coatta dei signori ottomani.